L’Italia e le 10 regole di Chomsky per manipolare le menti

[pubblicato giovedì 21 ottobre 2010 su Inviato Speciale –  inviatospeciale.com]

 

L’Italia è un Paese particolare. Un Paese all’interno del quale, nel corso degli ultimi decenni, lo strapotere dei mezzi di comunicazione ha creato un sistema di valori che ha stravolto letteralmente lo stile di vita e il modo di pensare della sua popolazione.

Chi ha visto il film-documentario ‘Videocracy’, uscito nelle sale lo scorso anno più o meno di questi tempi, ha potuto osservare come, ad esempio, l’avvento della tv commerciale abbia influito sui gusti e sui valori alla base del vivere degli italiani.

Quando poi uno dei massimi fautori di questa piccola – ma grande – rivoluzione ha fatto il suo ingresso in politica, oltre quindici anni fa, nei lunghi periodi (come quello attuale) nei quali è stato a capo del governo è arrivato a controllare indirettamente oltre il 90% dell’informazione transitante sulle tv in chiaro. Questa piccola – ma grande – rivoluzione si è trasformata, così, in un modello stabile, consolidato, alimentato dal passare inesorabile del tempo… …e dall’interiorizzazione di un sistema valoriale facilmente manipolabile, ma oramai altrettanto difficilmente estirpabile.

Un vento di cambiamento, negli ultimi mesi, ha iniziato a tirare, e casi recenti, passati agli onori delle cronache, come quelli del presunto dossier sulla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia o la telenovela sul caso Santoro-Masi, hanno risvegliato un senso d’indignazione da parte non solo dei cittadini ma dell’intero sistema politico-mediatico, così che varrebbe proprio la pena di prendere la palla al balzo per rispolverare una teoria sulla manipolazione delle menti da parte del sistema politico ed economico, per mezzo di quello mediatico, espressa qualche anno fa da uno dei più significativi intellettuali dei nostri tempi: il linguista e politologo americano Noam Chomsky.

A coloro che credono che casi mediatici, così come palinsesti, strategie dei mezzi di comunicazione, battute e linee editoriali di giornali e tv derivino da fattori più o meno casuali, questo decalogo, in cui Chomsky illustra come il potere politico ed economico, attraverso i mezzi di comunicazione, riesca a manipolare le nostre menti a suo piacimento, potrebbe risultare utile.

Il linguista prende come esempio il sistema americano ma, leggendo tra le righe, ci si rende conto di quanto questo prontuario possa essere adattato benissimo al caso italiano. Non occorre dimenticare, infine, che colui che viene comunemente individuato come il creatore, il fautore di questo sistema, prima ancora che un uomo politico, è un grande imprenditore, esperto di marketing e di pubblicità.

Ma vediamo, con ordine, quali sono, secondo Noam Chomsky le dieci regole attraverso le quali è possibile manipolare “drogare”, come dice lui, le menti dei cittadini-elettori-spettatori. La regola numero uno è quella che lui chiama “strategia della distrazione” ed è alla base del controllo sociale da parte delle élite. Si tratta di distrarre le menti e le coscienze delle persone dai problemi rilevanti e dai grossi cambiamenti decisi dalle élite politiche ed economiche, attraverso una vera e propria inondazione di informazioni inutili e senza significato, che tengano le menti occupate e che, col passare del tempo, arrivino a formare il gusto degli spettatori su basi differenti rispetto ai loro bisogni.

Basti pensare, in Italia, alla vera e propria ossessione che i telegiornali, specialmente quelli di Mediaset e il Tg1, da quando ne è direttore Augusto Minzolini, hanno nei confronti della cronaca. Ma non parliamo solo dei telegiornali, basti vedere l’informazione in generale, anche sui giornali, e la tiratura dei periodici che si vendono in Italia per capire di cosa stiamo parlando. Da Cogne in poi, fino a giungere al recente caso del “mostro di Avetrana”, la fame degli spettatori nei confronti di storie personali di cronaca nera, cresce, occupando il tempo e la mente, inducendolo così a tralasciare altre informazioni, certamente più utili per il vivere quotidiano, ma che vengono rilegate in coda al bisogno informativo diario.

 

Altra regola è quella che Chomsky chiama “creazione dei problemi per offrire soluzioni”, o “problema-reazione-soluzione”. Per ottenere un obiettivo politico o economico, infatti, si crea artificialmente un problema per far sì che l’unica soluzione possibile comporti il raggiungimento dell’obiettivo politico-economico di base. Questa regola è, ad esempio, alla base della teoria complottista di coloro che sostengono che i governi degli Stati Uniti abbiano creato artificialmente l’allarme terrorismo per ottenere un maggior controllo sociale e una riduzione delle libertà personali e dei diritti sociali dei cittadini americani.

C’è chi dice sia accaduto lo stesso in Italia con l’allarme Romanì che due anni fa, per molti mesi, è stato alimentato da un’informazione compiacente che, diariamente, dedicava spazi sproporzionati ai casi di cronaca riguardanti cittadini romeni (e non) appartenenti a questa etnia. In questo modo, il ministero degli Interni ha avuto via libera per mettere davanti agli occhi di tutti la piaga sicurezza e le eventuali soluzioni “necessarie” a risolverla.

Terza e quarta regola sono, poi, la “strategia della gradualità” e quella del “differire”. Entrambe si basano sull’assunto che presentare un cambiamento repentino e doloroso davanti agli occhi dei cittadini sia rischioso in quanto portatore di istanze rivoluzionarie tra le maglie della società. “Meglio”, allora, introdurre cambiamenti graduali, o addirittura annunciare il cambiamento ma rimandarlo nel corso del tempo, perché questo venga assimilato, interiorizzato, e la gente se ne faccia, pian piano, una ragione. Ci sono problemi più urgenti a cui pensare, a questo penseremo dopo, pensano le persone. Ma dopo, spesso, diventa troppo tardi.

Quinta regola è quella di rivolgersi al fruitore come se fosse un bambino. Questa maniera di sentirsi trattati indurrebbe le persone, secondo Chomsky, a rispondere agli input con comportamenti effettivamente fanciulleschi, quindi privi di senso critico. Sesta regola è, poi, quella che induce a privilegiare l’aspetto emotivo a quello riflessivo. Anche in questo modo, l’utilizzo dell’emozione contribuisce ad annullare l’analisi razionale degli individui. Un esempio lampante è quello del cosiddetto mercato della paura. Facendo leva sulle paure delle persone è più semplice ottenere da loro risposte irrazionali e spesso utili a scopi differenti.

Il settimo e l’ottavo modello, ahinoi, sembrano calzare a pennello al caso italiano. Si tratta di “mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità” e “stimolarlo ad essere compiacente nei confronti della mediocrità”. Entrambe le regole hanno bisogno, però, di un grosso aiuto da parte dei mezzi di comunicazione, importantissimi per stabilire il sistema valoriale dei cittadini. La trattazione di temi frivoli da parte di giornali e trasmissioni televisive, peggio ancora se telegiornali, favorisce la creazione di modelli distorti che spesso privilegiano l’ignoranza, la stupidità e la volgarità. E sono questi modelli, portati dalle trasmissioni televisive, da ‘Colpo Grosso’ negli anni Ottanta sino ai reality show come la ‘Pupa e il Secchione’ ai giorni nostri, che hanno favorito la creazione di un modello femminile stravolto, che ha mutato profondamente le aspirazioni delle ragazze italiane. L’apparenza prima della sostanza, è questo il messaggio che manda la gran parte delle trasmissioni della tv commerciale.

La nona regola è quella che Noam Chomsky ha denominato “rafforzamento dell’auto-consapevolezza”. Attraverso la pubblicizzazione di storie di successo, infatti, si porterebbero gli individui a credersi gli unici responsabili di eventuali fallimenti o del mancato raggiungimento di obiettivi professionali o sociali, per mancanza di intelligenza o di sforzo pratico. In un mercato del lavoro flessibile e insicuro, ad esempio, e ancora di più in Italia, dove la meritocrazia è spesso sacrificata all’altare dell’anzianità, è più facile che un giovane che si trovi in difficoltà nel trovare un impiego confacente ai propri studi incolpi se stesso dei suoi insuccessi invece che riconoscere le palesi difficoltà che tale sistema comporta.

La decima e ultima regola, infine, è quella che Chomsky ha denominato “conoscere gli individui meglio di quanto loro conoscano se stessi”. I progressi scientifici e nel campo delle scienze sociali, che hanno caratterizzato gli ultimi cinquanta, sessant’anni, hanno portato le élite intellettuali a gradi di conoscenza dell’individuo altissimi. Spesso, tali evoluzioni sono rimaste terreno esclusivo dell’intellighenzia degli Stati avanzati, cosicché potesse risultare più semplice, per i governanti e per i poteri economici, controllare non solo i cittadini dei propri Paesi, ma quelli dei Paesi meno sviluppati, nel quadro del mercato globale e della politica internazionale. Se il sistema conosce l’individuo più di quanto egli conosce se stesso, infatti, non gli sarà difficile controllarne le azioni e le reazioni.

Ora, pensare che questo decalogo possa aiutare i cittadini a cambiare il sistema, così forte e radicato, è chiaramente un’utopia. Ma siccome dalle utopie, a volte, nascono le rivoluzioni culturali, limitiamoci a pensare, per il momento, che la conoscenza possa certamente contribuire a far sì che la gente inizi a vedere il mondo dell’informazione, che così invasivamente ogni giorno la circonda, per lo meno da un’angolazione differente. E questo, senza dubbio, potrebbe darle una mano a rafforzare le proprie difese immunitarie.

Giuseppe Colucci

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