Diari spagnoli. “El Clasico”.

Lo scorso 29 novembre c’è stata, in Spagna, la partita delle partite, “el clasico”, Barcelona-Real Madrid, molto più di una partita di calcio. Io ero lì e l’ho raccontato il primo dicembre su inviatospeciale.com. Ecco l’articolo.

A breve pubblicherò, a puntate, i diari della mia esperienza spagnola a Soria, connessa alle difficoltà economiche che sta vivendo oggi la Spagna, che si riflettono nella ricerca di un posto di lavoro, per me come per tanta altra gente con cui ho avuto la fortuna di venire a contatto, che mi ha raccontato la sua storia personale e che ho deciso di riportare sulle pagine di questo blog. A presto!

 

Le sfide calcistiche più appassionanti, in ogni Paese, quelle che coinvolgono milioni e milioni di persone, sono sempre un evento sociale. Condizionano le relazioni tra la gente, a casa, sul posto di lavoro, nei bar tra gli amici. Si litiga, ci si trasforma, si trova empatia.

Il calcio di oggi è puro business, è un prodotto che ha superato l’argine della passione della gente, è andato oltre, è diventato ostaggio di poteri economici, ha trasformato i suoi protagonisti in star schiacciate dalla pressione mediatica. Eppure continua ad appassionare.

Il Clasico, la celebre sfida tra Real Madrid e Barcellona, i due simboli calcistici e non solo della penisola iberica, è un evento di cui si inizia a parlare settimane prima; non è paragonabile alle grandi sfide del campionato italiano o inglese, dove non è mai ben chiaro quali siano i due team più importanti e tifati del momento. Dipende dalle annate.

In Spagna no, qui il Clasico è il Clasico, sempre. Poco importa chi sia davanti a chi e quanti punti di vantaggio abbia. Perché Madrid-Barcellona è, prima di tutto, una sfida tra le due città simbolo di un modo di vedere il proprio Paese completamente agli antipodi. Da una parte c’è la capitale di uno Stato unitario, federale ma unitario. La capitale dove si concentrano i poteri, politici ed economici, che si posiziona simbolicamente al centro, per estendere le proprie reti lungo tutto il Paese.

Dall’altra parte vi è la principale città della principale comunità autonoma, dove si parla una lingua differente, dove le differenze culturali sono talmente forti che si cerca insistentemente l’indipendenza. Non v’è partito politico, in Catalogna, per moderato che sia, che non firmerebbe domani stesso per rendersi indipendente. E qui, in questa città, c’è tanta cultura, tanta attrattiva turistica, c’è il mare. La forza dello scontro, come si può facilmente intendere, è prorompente, certamente più di un qualsiasi Milano-Roma, ad esempio.

Questa competizione e questa differenza sostanziale tra i due modelli si specchia nella contrapposizione tra due modelli calcistici agli opposti. Da una parte c’è il Real Madrid, una potenza economica senza eguali, con centinaia di migliaia di aficionados che detengono quote azionarie della società e che ogni estate compra il fior fior delle migliori leve del calcio internazionale, campioni di fama mondiale e i giovani più forti che si trovano sul mercato. Spende cifre da capogiro nel tentativo di portare nell’arena del “Santiago Bernabeu” le migliori “bestie” per far divertire il suo popolo e soddisfare la sua brama di vittorie.

Sul versante opposto c’è il Barcellona, che gestisce la propria squadra con una filosofia completamente opposta, privilegiando la costruzione di un mondo e di un sistema-Barcellona con una propria fortissima identità culturale, preferendo puntare sui settori giovanili, costruendo strutture in grado di sfornare campioni in casa, crescendoli con una mentalità incentrata sul divertimento e sul calcio visto come momento d’aggregazione e non come spettacolo per divertire un popolo. Ciò si riflette nella gioia che i giocatori di questo club esprimono nel giocare al calcio e con cui contagiano la propria tifoseria. Far parte del Barcellona, giocarci, allenarlo, dirigerlo, è come aderire a una filosofia di vita.

Si può capire, perciò, cosa la classica sfida annuale che contrappone i due club significhi per il Paese. Mai come quest’anno, poi, il livello delle due squadre è così vicino: sono i due team più forti del pianeta, che mettono sul piatto della bilancia i due giocatori più forti in circolazione, così come i due allenatori più in voga che ci siano oggi nel mondo del calcio.

Da una parte c’è Pep Guardiola, prodotto della ‘cantera barcellonista’, prima giocatore, capitano, poi allenatore, della squadra giovanile e poi della prima squadra. Una favola, la sua storia con il Barcellona, che lo ha portato a stracciare ogni record di vittorie, e a costruire un equipe di cui si studierà sui manuali di calcio dei prossimi decenni, che produce un calcio di un livello altissimo, che diverte con la sua filosofia improntata sul gioco d’attacco, sull’annullamento di ogni tattica che possa, anche per un momento, mettere da parte il fine ultimo per cui si scende in campo: il divertimento, proprio, e dei propri beniamini.

Sulla sponda madridista quest’anno è arrivato Josè Mourinho, lo ‘Special One’, il tecnico più vincente del pianeta; un sergente di ferro capace di instaurare rapporti viscerali con i propri giocatori, che quando scendono in campo sarebbero capaci di buttare il sangue per lui.

E’ un tecnico moderno, eccessivamente mediatico, che attira le attenzioni su di sé – con battute, provocazioni e sfuriate nei confronti della stampa – per lasciare maggior serenità ai propri giocatori. C’è chi dice, qui, che il suo stile fuori dalle righe non sia adatto alla storia “aristocratica” del Real Madrid, ma c’è di sicuro che una squadra abituata a catalizzare così tanta pressione mediatica, aspettative così alte ogni anno, possa trovare in un tecnico come Mourinho, cui la pressione pare dare carica piuttosto che altro, un’arma vincente.

Real Madrid-Barcellona, la storia del calcio. C’è chi dice, in Spagna, che i catalani abbiano vissuto decenni in una sorta di complesso d’inferiorità per le vittorie accumulate in passato dai rivali. Negli ultimi anni, però, il progetto Barcellona ha sfornato una generazione di campioni che hanno fatto man bassa di tutto ciò che ci fosse da vincere sul pianeta, e per diversi anni.

L’amore che li lega alla propria casacca, alla città in cui vivono, alla cultura che hanno appreso negli anni di gavetta, li rende sostanzialmente insaziabili. Ogni domenica e mercoledì scendono in campo con una grinta che ad altre latitudini non vedono e invidiano. E, non si deve dimenticare, il Barcellona e la sua ‘cantera’ sono uno dei motivi principali, forse il più importante, dei recenti trionfi internazionali della nazionale spagnola.

Qui in Spagna, si diceva, se ne parlava da settimane, ogni giorno, in ogni luogo, e su ogni giornale. Poi arriva il giorno della partita, e ci si accorge che, a parte alcune eccezioni, gli spagnoli sono molto più composti di noi. Ragazzi, ragazze, anziani signori, tutti insieme con la loro birra in mano a supportare la propria squadra, senza lasciarsi andare, però, ad eccessi emotivi. A parte, chiaramente, quando il Barcellona inizia a segnare il primo, il secondo, il terzo gol. La partita è finita 5-0 per gli uomini di Guardiola, un risultato umiliante, bruciante e quantomai meritato. Mourinho non aveva mai preso cinque gol tutti insieme, ha detto. E le frasi pronunciate dai giocatori più rappresentativi della compagine madridista, prima del match, erano state davvero poco profetiche.

“Vinciamo sicuro”, aveva tuonato Cristiano Ronaldo, il simbolo dell’undici ‘blanco’. E proprio lui ha tradito e si è fatto tradire dai nervi, quando con un gesto non degno di una festa del calcio come quella di ieri sera, ha spintonato l’allenatore avversario, reo di non avergli restituito un pallone.

Mentre il Barcellona tesseva le trame di un gioco favoloso, regalava momenti di grandissimo calcio agli spettatori, i madridisti tentavano (probabilmente su ordine di Mourinho) di innervosire la partita, per distrarre i poeti e i geometri catalani dalla loro sublime esibizione. Alla fine c’è stato poco da fare, come accade puntualmente da tre anni a questa parte, il Barcellona ha portato a casa vittoria e gloria, ha incantato e ha dato una lezione di stile. Neanche la tanto attesa cura Mourinho sembra aver risollevato le sorti di un Madrid che, però, è sempre in agguato e lotterà fino alla fine per il titolo, con la fame di chi non lo conquista da tre anni. Che per Madrid, è un’eternità.

Finita la partita, se ne discute, ci si prende in giro, si corre a ordinare una birra tutti insieme. Nella notte Barcellona è in festa, ma qui regna la compostezza. Si è sazi e soddisfatti dopo aver visto un tale spettacolo. Anche i tifosi del Real Madrid.

Giuseppe Colucci

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